Ilaria Alpi, ecco i documenti desecretati tra faccendieri, traffico di armi e di rifiuti
La lunga lista di misteri sulla morte della giornalista si ricostruisce dai verbali della commissione di inchiesta, a cui fu tolto il segreto nel 2006. E da cui emerge l’interesse per il ruolo di Giancarlo Marocchino, Guido Garelli e Said Omar Mugne. Ma solo i fascicoli dell’ex Sismi potrebbero gettare luce sul caso.
Forte Braschi, armadio 133, fila D, scaffale 5. E’ uno dei tanti indirizzi dei segreti su quello che avvenne a Mogadiscio il 20 marzo 1994 , quando un commando di sette persone uccise Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Qui sono custoditi settantasei fascicoli intestati a Giancarlo Marocchino, l’imprenditore italiano che per primo arrivò sul luogo dell’agguato.
Mai indagato, ma da sempre ritenuto uomo chiave nello scenario somalo. Espulso dalla Somalia nel 1993 dal commando Usa, con l’accusa di essere coinvolto nel traffico di armi; poi riammesso e utilizzato come logista un po’ da tutti, dall’esercito alle imprese italiane pagate con quei 1400 miliardi della cooperazione che tanto interessavano la giornalista del Tg3.
Indagato a lungo dalla procura di Asti, con l’accusa di essersi appropriato di un container di documenti del ministero degli esteri e per un presunto traffico di rifiuti. Prosciolto poi dal Gip, che ha ritenuto non sufficienti gli indizi presentati dal pm Luciano Tarditi. Difeso dall’avvocato Stefano Menicacci, ex deputato missino, grande esperto di questioni somale, a sua volta già indagato dalla procura di Palermo nell’inchiesta “sistemi criminali”, poi archiviata.
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