Buon compleanno, Charlie Darwin!
Il padre della Teoria dell’Evoluzione compie 205 anni, si divide tra lo scienziato e la sua immagine
Ci sono diversi motivi per cui è importante ricordare il giorno della nascita di Charles Darwin e magari celebrarlo, riflettere sull’apporto che ha dato alla scienza e all’umanità in generale. Ci sono diversi motivi per cui siamo contenti di scrivere qualcosa sul tema, e lo facciamo ogni volta che si presenta l’occasione. Ma spesso il Darwin Day diventa una scintilla incontrollata di anti-creazionismo o filo-scientismo che somiglia più a una rivalità sportiva che a una presa di posizione cosciente e coscienziosa. Il Darwin Day, riteniamo, è un buon momento per mettere assieme i dati oggettivi che il padre dei naturalisti e della biologia moderna ci ha lasciato. Impugnarli contro teorie bislacche e fantasiose è un esercizio che ben si può tenere per il resto dell’anno e spesso non richiede troppa preparazione.
Quando nel 1842, Darwin si rese conto che diffondere le sue teorie sarebbe stato «come confessare un omicidio» – ragione di dubbio che lo ha attanagliato ben oltre il 24 novembre del 1859, data della prima pubblicazione dell’Origine delle specie per mezzo della selezione naturale – era certamente più propenso ad abbracciare il suo passato anglicano piuttosto che a scontrarsi con il muro di gomma dell’incomprensione religiosa. Quello che è successo poi, e che veramente conta in questa storia, è che in effetti quelle teorie hanno preso piede e si sono radicate stabilmente nel panorama scientifico moderno, tanto da risultare oggi sostanzialmente inattaccabili – se non impugnando ragionevoli dubbi, dove la parola “ragionevoli” conta ben più delle teorie stesse.
Quello in cui nei 205 anni dalla sua nascita, il 12 febbraio 1809, Darwin si è trasformato, trascende prepotentemente i suoi studi e si radica nella sua immagine. Basti pensare all’iconografia larga e facilmente assimilabile al pop che popola magliette, tatuaggi, poster, almeno un disco indie – Oh my God, Charlie Darwin! dei Low Anthem, che contene la meravigliosa Charlie Darwin – un paio di film, su tutti Master and Commander in cui compare un giovane scienziato darwinesco interpretato da Paul Bettany che poi ritornerà in una perla intitolata Creation, LEGO set e bubblehead con e senza barba. Questa sovraesposizione mediatica ha alternativamente soddisfatto e disgustato la comunità scientifica, preoccupata che venisse dimenticato l’operato per esaltare l’uomo oppure fomentata dalla possibilità di sbaragliare la concorrenza avvalendosi dei potenti mezzi della comunicazione globale. La verità è che probabilmente esistono due tipi di Darwin, oggi: lo scienziato che vive nelle teorie dell’Origine, a cui la scienza moderna deve ben più che l’eterna riconoscenza e l’immagine dell’uomo barbuto, che comunque opera per un bene superiore aggregando le folle di entusiasti e osservando in silenzio – sia dai poster creazionisti o dalle statue di bronzo nelle logge dei musei – passare l’evoluzione certo che su di essa, presto o tardi, dovrà agire la selezione naturale.