La maledizione delle risorse: miseria e prostituzione minorile nelle miniere di diamanti
Due dollari a notte il prezzo pagato per una ragazzina dai minatori dello Zimbabwe. Nella regione di Marange, nello Zimbabwe orientale, la perdita di terreno coltivabile e la discriminazione di genere, insieme ad altri fattori, stanno costringendo molte ragazze – spinte anche dalle loro famiglie – ad abbandonare la scuola e a trasformarsi in precoci lavoratrici del sesso nei campi dei lavoratori intorno alle miniere di diamanti.
Irin, l’agenzia stampa umanitaria dell’Onu, ha pubblicato un’inchiesta intitolata “Zimbabwe’s misery diamonds” nella quale Melanie Chiponda, programme manager del Chiadzwa Community Development Trust (Ccdt) spiega che «Il commercio di sesso, anche tra ragazze di 12 anni, è diventato un modo naturale per uscire dalla povertà per questi bambini e le loro famiglie. Lo stanno usando come un “coping mechanism” sull’onda degli effetti negativi sulla sussistenza delle famiglie causati dalle attività estrattive a Marange».
Nello Zimbabwe dell’eterno regime di Robert Mugabe l’insicurezza alimentare colpisce 2,2 milioni di persone a causa delle devastanti siccità degli ultimi anni e della pessima gestione dell’agricoltura “nazionalizzata”, ma, come fa notare Irin, «La scarsità di cibo e l’aumento dei livelli di povertà nelle comunità dei campi diamantiferi della provincia di Manicaland vengono attribuiti alla “maledizione delle risorse”».
Nel 2008 le forze di sicurezza dello Zimbabwe avevano sloggiato i minatori artigianali dai campi di diamanti di Marange e lo Stato aveva messo sul mercato le licenze minerarie. Così attualmente 7 compagnie hanno realizzato miniere diamantifere su 60.000 ettari, ma tutta questa ricchezza che viene estratta ogni giorno dalle viscere di Marange ha peggiorato, invece che migliorare, le condizioni di vita delle comunità locali. Chiponda sottolinea che «Le miniere hanno portato via pascoli e terreni agricoli alla gente del posto. Questo ha peggiorato la fame e colpito il reddito delle famiglie, dato ce le famiglie tradizionalmente vendevano parte delle loro coltivazioni e del bestiame per fare soldi per il cibo, le tasse scolastiche e altre necessità di base». Le comunità locali sono state escluse perfino dai lavori poco qualificati perché le grandi aziende statali e straniere che gestiscono le miniere le hanno bollate come pigre e disobbedienti e così nel Marange sono arrivati molti lavoratori migranti provenienti dalle altre province dello Zimbabwe.
Stella Washaya, una volontaria di Marange che aiuta e consiglia le ragazze vulnerabili, racconta su Irin, l’esplosiva situazione sociale creata dal governo centrale di Harare: «Migliaia di uomini sposati vivono in ostelli presso le miniere e le donne non sono ammesse al loro interno. Dato che la maggior parte degli uomini provengono da luoghi lontani, finiscono per ricorrere al sesso a pagamento e, purtroppo, le ragazze diventano parte di questo sporco gioco. Alcune delle ragazze ottengono razioni alimentari come pagamento per il sesso». Inoltre, le compagnie minerarie hanno vietato ai contadini locali di vendere i loro prodotti, mentre tra il 2006 e il 2008 il boom delle miniere artigianali aveva stimolato l’economia locale con l’acquisto di prodotti alimentari direttamente nelle comunità rurali. Inoltre le joint-venture minerarie tra Stato e multinazionali straniere hanno messo in atto una politica di confisca del bestiame che viene trovato a pascolare nelle loro concessioni e le attività minerarie hanno abbattuto intere foreste. Una vera e propria persecuzione che ha l’evidente intenzione di allontanare dalle aree delle concessioni minerarie comunità locali che in tempi di insicurezza alimentare hanno nel bestiame la loro ultima risorsa e che mangiano la frutta che raccolgono nelle foreste e la vendono lungo le strade per integrare i loro scarsi redditi.
Lo conferma ad Irin anche Freeman Bhoso, direttore esecutivo dello Zimbabwe Natural Resources Dialogue Forum (Znrdf), una Ong che si occupa di sfruttamento sostenibile ed equo delle risorse minerarie, «Il lavoro sessuale infantile è una propaggine naturale dell’esclusione della comunità dai campi di diamanti. Le comunità non beneficiano dallo sfruttamento delle risorse, ma vengono sempre ulteriormente impoverite. Come risultato, i membri delle famiglie sono costretti a impegnarsi in attività, alcune delle quali rischiose per la loro vita, che garantiscono loro solo la sopravvivenza. Il commercio sessuale dei bambini è un sintomo di povertà». Washaya aggiunge: «Qui il commercio di sesso tra le ragazze giovani è diventata una crisi sociale. Nel Marange ci sono parecchie migliaia di piccole fattorie e direi che una su cinque di queste ha almeno un’adolescente impegnata nel sex for money». Un’infermiera di uno dei pochi centri sanitari della zona minerari a ha detto all’Irin: «Assistiamo almeno 20 ragazze al mese che hanno contratto malattie sessualmente trasmissibili. Gli uomini… insistono per fare sesso non protetto, una tendenza aggravata dal fatto che non ci sono programmi progettati per educarli contro questa pratica rischiosa. Molte ragazze hanno abbandonato la scuola a causa di gravidanze indesiderate».
Washaya sottolinea un altro aspetto di questa drammatica situazione: «A Marange, la prevalenza delle comunità religiose apostoliche, che sostengono che l’educazione dei ragazzi viene prima di quella delle ragazze, ha fatto sì che alcuni genitori incoraggino le figlie a entrare nel traffico commerciale del sesso per sostenere la famiglia». Una di queste è quella che Irin ha chiamato “Mary Sithole”, una 15enne che ha un bambino di due mesi nato con le gambe deformi durante un parto in casa, perché la sua chiesa Apostolica vieta ai fedeli di andare in ospedale. Mary dice che il figlio è di un manager cinese della compagnia diamantifera Anjin, che si è rifiutato di riconoscerlo e mantenerlo. Per Mary l’Anjin è una vera e propria maledizione: suo padre e sua madre sono emigrati in Botswana dopo che i cinesi si sono appropriati della loro terra, lasciando alla sua famiglia un fazzoletto di terra da coltivare che non basta a Mary per sfamare suo fratello e sua sorella che sono rimasti con lei, per questo di notte si prostituisce negli ostelli e nei bar per 2 dollari a notte, come molte sue coetanee.
Dietro il commercio del sesso dei bambini c’è la realtà svelata dal rapporto “Diamonds: A Good Deal For Zimbabwe? Who controls revenues from Marange diamonds? A case study of Mbada and Anjin companies”, pubblicato un anno fa da Global Witness, che spiega che «Anjin è una joint venture tra una marchio cinese, l’Anhui Foreign Economic Construction Group (Afec-G) e la company zimbabweana “Matt Bronze”. Afec-G è una grande company con sede in Cina coinvolta nella costruzione di molti progetti oltremare». Si tratta di progetti che servono ai cinesi come testa di ponte per penetrare nei mercati africani con l’appoggio dei governi, come il recupero da 124 milioni di dollari dell’Akii Bua national stadium in Uganda, del rinnovamento dell’aeroporto internazionale di Maputo, la capitale del Mozambico, costato 106 milioni di dollari e finanziato dalla China’s Exim bank. Nello Zimbabwe Afec-g ha costruito il National Defence College (garantendosi la riconoscenza dell’esercito, uno dei pilastri del regime di Mugabe) con 98 milioni di dollari forniti dalla solita Exim Bank e che devono rientrare con i guadagni della miniera di diamanti gestita dall’Anjin che ha in concessione i blocchi “J”, “K” e “Eii” di Mbada.
Nella regione opera anche la Mbada Diamonds, un’altra grande compagnia mineraria che, secondo rapporti non confermati riportati da Global Witness, ha ottenuto la concessione del blocco “P” e della metà del blocco “I”. Global Witness dice di aver scoperto «Una complesso ed opaca struttura legale di proprietà per Mbada, che include companies di Hong Kong e delle British Virgin Islands». La Mbada è una joint venture tra la statale Zimbabwe Minerals Development Company (Zmdc), Marange Resources (Pvt) e Grandwell Holdings, una company registrata a Mauritius ma che è una filiale del New Reclamation Group (Reclam), una multinazionale sudafricana specializzata nel riciclaggio di metalli.
Ecco cosa c’è dietro lo sfruttamento delle piccole prostitute di Marange: un gruppo di multinazionali senza scrupoli che fanno accordi con il governo autoritario e corrotto, che aveva promesso il socialismo e che ha costruito un Paese svenduto alle multinazionali e con con un tasso di disoccupazione dell’80%. Prima delle ultime elezioni, vinte da Mugabe con più del 60% dei voti, l’ex ministro delle finanze dello Zimbabwe, Tendai Biti, aveva chiesto alla comunità internazionale un finanziamenti urgente di 4 miliardi dollari per un pacchetto di stimolo economico. Irin scrive che, attraverso il Basic Education Assistance Module (Beam), il governo di Harare sta cercando di pagare le spese scolastiche di quasi un milione di bambini orfani e vulnerabili. A gennaio il ministero dei servizi sociali ha comunicato al Parlamento che il governo ha stanziato 15 milioni di dollari, ma potranno beneficiarne solo 83.000 dei 250.000 bambini delle scuole secondarie che ne hanno bisogno. Per i 750.000 bambini più poveri delle scuole elementari sono stati richiesti 28 milioni dollari ma il governo deve ancora ricevere il finanziamento promesso dai donatori entro l’inizio del 2014. Il ministro del social welfare, Ngoni Masoka, ha recentemente scritto alle scuole per i bambini disabili che hanno beneficiato del Beam, annunciando che il governo ha smesso di finanziarle. Il 13 gennaio il Dipartimento britannico per lo sviluppo internazionale (Dfid) ha confermato di aver ricevuto dallo Zimbabwe una richiesta formale di finanziamento e che la sta prendendo in considerazione. Nel 2012 e 2013 il Difd ha aiutato circa 660.000 orfani e bambini vulnerabili dello Zimbabwe a frequentare la scuola elementare, mentre l’Unicef Zimbabwe ha gestito il fondo Beam fino al 2011, quando è stata sostituita dall’organizzazione britannica Crown Agents. Concilia Chinanzvavana, la ministra del governo ombra messo in piedi dall’opposizione del Movement for Democratic Change, ha chiesto «L’iscrizione incondizionata di tutti gli studenti svantaggiati e degli alunni delle scuole di quest’anno».
Il preside di una scuola secondaria di Chitungwiza , una città dormitorio a circa 30 km a sud della capitale Harare, spiega all’Irin la situazione paradossale che si sta creando in un Paese che estrae diamanti e non riesce a garantire l’istruzione di base: «Circa un quinto dei 1.000 più studenti iscritti qui sono Beam. Mentre il governo ha dato la direttiva di non mandare via chi non ha pagato le tasse (scolastiche), noi abbiamo bisogno di soldi per coprire i costi. Alcuni genitori che possono non pagano… perché conoscono la direttiva del governo. Il che tende a compromettere gli standard educativi».
Raymond Majongwe, segretario generale della Progressive Teachers’ Union ha detto all’Irin che «Il ritardo nell’erogazione dei fondi per i bambini poveri richiede misure straordinarie da parte del governo e di altri stakeholders». Ma resta il problema di riportare a scuola gli studenti vulnerabili e le piccole prostitute delle miniere di diamanti di Marange Majongwe è consapevole della gravità della situazione, ma non perde la speranza di poter fare qualcosa: «Stiamo valutando diverse strategie di raccolta fondi che possano almeno aiutare alcuni dei bambini più svantaggiati. Stiamo anche parlando con i sindacati fratelli di altri Paesi per vedere come ci possono aiutare meglio e vogliamo avvicinare i donatori internazionali».
Intanto le multinazionali cinesi e sudafricane e la finanza dei paradisi fiscali si riempiono le tasche di diamanti e di dollari, mentre “Mary” e le altre prostitute bambine di Marange per sfamarsi si guadagnano due dollari a notte nelle povere brande dei minatori dello Zimbabwe.