In fuga i figli della Revolución «Cuba muore di fame»
di Ettore Mo foto di Luigi Baldelli
L’AVANA — Maggio 1980. Sulle spiagge di Key West — piccola iso la nel Golfo del Messico vicino alla Florida — sbarcavano in continua zione migliaia di cubani «desesperados» fuggiti dall’Isola per sottrarsi al regime di Fidel Castro. Una traversata che durava dieci o quindici gior ni su battelli e pescherecci di modesto calibro, non adatti ad affrontare la furia dell’Atlantico. Ma all’approdo i fuggiaschi urlavano di gioia con quel poco di voce che gli era rimasto ed esibivano cartelli su cui stava scritto a caratteri cubitali «Abbasso Fidel» e «Viva Carter». Cor rendo grossi rischi, avevano raggiunto il para diso americano. Successivamente, molti di quei sedicimila profughi, delusi o semplicemente vinti dalla nostalgia, sarebbero tornati a Cuba.
Ora, dopo l’apertura nelle scorse settimane del presidente Obama che ha allentato le restri zioni per i viaggi nell’isola e la disponibilità al dialogo da parte di Raúl Castro, fratello di Fidel che in effetti gestisce il potere, sono in molti a chiedersi quali siano in realtà le condizioni di vita a Cuba e se nel cuore dei suoi abitanti per sista ancora come ultima soluzione la fuga ver so gli Stati Uniti. Una risposta me la dà senza esitazione uno studente di vent’anni, Daniel, che dice: «Se potessi, me ne andrei domani».
Sono stato a Cuba un paio di settimane e ho parlato con molte persone di diversa estrazio ne sociale: i loro commenti, in generale, non assomigliano per niente alla sbrigativa afferma zione del giovanotto che ogni notte s’addor menta sognando di sbarcare, la mattina dopo, a Miami. Alla base di quest’esodo, che è massic cio e continuo, ci sono le condizioni economi che: «Vedi questa camiciola che indosso? — ta glia corto un ragazzo che vende bibite al chio sco —. Mi costa 20 pesos. È quanto guadagno in un mese». La stessa amarezza emerge dalle parole delle signora Marta, insegnante di salsa — una danza caraibica — quando ammette che il suo salario mensile di 400 pesos «non ba sta neanche per comprare il latte ai bambini».
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