Una giornata per il disarmo: “Investiamo i soldi della Difesa in servizi sociali”
Il 25 aprile a Verona la galassia dei movimenti per la non violenza ha organizzato una manifestazione. Per proporre l’istituzione della Difesa Civile. E per snocciolare i dati su quanto ci costa l’Esercito. Tutte risorse che si potrebbero impiegare altrove.
«Non capisco perché buttar via così una dozzina di miliardi per gli F-35» e ancora «Il servizio civile obbligatorio, lì sì che si fa l’Italia». Il premier Matteo Renzi non ha dubbi: il suo Bel Paese si fonda sul senso civico e la non violenza.
Peccato che gli F-35 per ora rimangano 90, almeno fino a «quando la Commissione avrà chiaro cosa si può fare», e «le spese militari in Italia vanno ridotte», ma con calma che «abbiamo un calendario triennale». E l’Italia si farà certo, ma solo un po’, perché «non ci sono condizioni per il servizio civile obbligatorio», quindi accontentiamoci di quello «universale».
«Siamo stanchi di spot e annunci, governare significa scegliere. Perché non farlo subito?» A chiederselo sono le associazioni laiche, religiose e i tanti esponenti della società civile che il 25 aprile daranno vita a Verona all’ “Arena di Pace e Disarmo”.
Una grande manifestazione che, nella giornata della Liberazione, lancerà la raccolta di firme per la presentazione di una legge di iniziativa popolare con cui istituire il Dipartimento per la difesa civile e, al posto dell’Esercito, i Corpi civili di pace.
Gli italiani potranno scegliere con la dichiarazione dei redditi se pagare per la difesa armata o per quella civile. «Non sarebbero tasse o spese in più, ma uno spostamento di fondi dal Ministero della Difesa armata al Dipartimento per la Difesa civile», spiegano gli organizzatori che segnalano una disparità di risorse inaccettabile, considerando che entrambi sono riconosciuti come strumenti per mettere in pratica l’articolo 52 della Costituzione, quello in cui si stabilisce che la difesa della Patria è un sacro dovere per i cittadini.
«Vogliamo ricordare a tutta la politica ed in particolare al governo Renzi che la questione degli F-35, ad esempio, non si riduce ad un mero gioco di simboli. Spendere 14 miliardi, 52 per l’intera gestione, in un programma che presenta problematiche tecniche e di gestione ormai note è una follia. Quei soldi dovrebbero essere usati per le vere priorità come la mancanza di occupazione e i servizi sociali insufficienti», tuona Francesco Vignarca, coordinatore di “Rete Disarmo” e della campagna “Taglia le ali alle armi”.
La preoccupazione che gli annunci rimangano tali non è campata per aria considerando che nel corso del 2013 il governo ha proseguito l’acquisto dei caccia non attenendosi alle indicazioni delle mozioni di metà anno votate alla Camera e al Senato.
«Hanno comprato definitivamente 6 aerei, sostenendo per gli ultimi tre che i contratti erano già stati sottoscritti, nonostante le mozioni di stop del Parlamento e gli accordi non vincolanti; e hanno anche fatto partire il nuovo procurement di altri due lotti appena qualche giorno dopo l’ultimo voto in Senato», denunciano. E dire che con il costo complessivo di un solo F-35, pari a 135 milioni di euro (stime derivate da dati USA n.d.r.), si potrebbero costruire oltre 400 asili, in grado di accogliere 12.150 bambini e creare 3.645 nuovi posti di lavoro, o mettere in sicurezza circa 135 scuole all’anno oppure acquistare 21 treni con 12.600 posti a sedere.
Secondo la piattaforma di proposte delle organizzazioni che promuovono l’evento, a cui parteciperanno tra gli altri don Luigi Ciotti, Gino e Cecilia Strada e padre Alex Zanotelli, oggi occorre declinare diversamente il concetto di difesa. Sono il lavoro, la sanità, la scuola, i beni culturali, l’ambiente ad essere davvero necessari e per questo da proteggere con un’azione di difesa comune. Persone e associazioni che credono in un cambiamento necessario e possibile, accomunate dalla convinzione che di fronte alla crisi economica e al degrado ambientale sia razionalmente logico ed eticamente giusto porsi l’obiettivo della riduzione delle spese militari e di una politica di disarmo.
«Si tratta di un momento simbolico molto importante per tutto il movimento per la Pace», sottolinea padre Alex Zanotelli, missionario Comboniano che ha promosso l’idea di questo incontro. «Bisogna che i temi della pace e del disarmo tornino al centro dell’agenda politica del nostro Paese. I poveri non possono più accettare gli sperperi continui di fondi negli armamenti».
Le idee sono chiare e sanno anche a chi rivolgersi. «Chiederemo a Renzi la cancellazione del programma dei caccia F-35 e di fare chiarezza su quello che intende fare con il servizio civile nazionale. Lo vuole potenziare oppure non vuole investire? Non si capisce perché ora sia stato messo sotto il Ministero del Lavoro, con il rischio di farlo diventare solo una politica di tamponamento alla disoccupazione, più che di alternativa alla difesa armata come vorrebbe la legge che lo ha istituito», nota Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento.
E il presidente del Consiglio dovrà anche esprimere una parola chiara sui temi legati alla corruzione che ha trovato spesso terreno fertile nel mondo della produzione e del commercio di armi. Un lavoro congiunto, tra chi si occupa di spese militari e chi è impegnato nella legalità, che per don Luigi Ciotti «non solo è auspicabile, ma necessario. C’è un orizzonte che accomuna l’impegno per il disarmo e per i diritti e si chiama giustizia sociale. La pace, intesa nel senso più ampio possibile, comporta la liberazione dalla povertà, dalle disuguaglianze, dal bisogno. È uno sforzo che chiama in causa la politica e le istituzioni economiche, ma prima ancora la coscienza di ciascuno di noi. Per essere durevole, la pace va alimentata ogni giorno con il nostro impegno e la nostra corresponsabilità».
Fonte espresso.repubblica.it