Fra le tribù del petrolio. “Mezza Libia è nostra”
Reportage. La Cirenaica, crocevia del business dell’oro nero, è in rivolta contro Tripoli. Dalla caduta di Gheddafi la regione è in mano ai ribelli di Ibrahim Jadran che chiedono federalismo e la loro fetta di ricavi.
Un pezzo del futuro della nuova Libia potrebbe essere nascosto qui, in questo villaggio di sabbia e polvere. Il vento che arriva dal deserto è un soffio freddo e sporco. Solleva sabbia bianca, fine e fastidiosa. E spazza strade che non esistono. A parte pochi chilometri di asfalto, tutto il resto è polvere bianca del deserto compressa in dossi e avvallamenti che bloccano auto, camion e umani.
Non c’è Stato, non c’è polizia, solo un popolo con la sua straordinaria voglia di vivere, di sopravvivere a tutto questo. Questa è Agedabia la capitale del petrolio di Libia, il crocevia di tutti i tubi che dai pozzi della Cirenaica portano il liquido milionario verso i terminal del Mediterraneo.
Come ripete Abdallah, l’architetto che ci guida e ha studiato a Perugia e Firenze, “dove finisce la logica, inizia la Libia”. E infatti questa città, che come tutta la Libia dovrebbe essere milionaria, Gheddafi l’ha mantenuta nella povertà e nella devastazione assoluta. “Gdabja”, la polverosa, era quello che promette il nome ed è quello che è rimasto.
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