DISASTRO UMANITARIO «In Centrafrica è in corso un genocidio»
Amnesty denuncia la pulizia etnica nella Repubblica centrafricana: «Le forze internazionali non la fermano».
Suonano i tamburi della guerra a Bangui, capitale della repubblica Centrafricana. E suonano per rispondere ai macheti alzati dalle milizie cristiane contro la comunità musulmana. Il 12 febbraio Amnesty International ha denunciato la pulizia etnica in corso del Paese. E la presidente di transizione Catherine Samba-Panza si è detta pronta a ricorrere all’esercito. «Le milizie anti balaka (nate per vendicare le violenze islamiche dell’ultimo anno, ndr) hanno perso il loro senso», ha dichiarato la capo di Stato, e sono diventate quelle che uccidono, saccheggiano, stuprano».
L’orrore si consuma da giorni alimentato dalla fame di vendetta dei cristiani contro le milizie musulmane che nel 2013 hanno devastato il Paese rovesciato il governo di François Bozizé. E però in teoria l’esercito c’è già: 7mila militari sono stati inviati sul campo dalla Francia e da altri Paesi africani sotto mandato delle Nazioni Unite. Ancora l’11 febbraio il segretario Ban Ki Moon aveva usato un’espressione ruvidamente asettica: «La brutalità settaria di cristiani e musulmani», aveva detto, «sta cambiando la demografia del Paese sta cambiando». Si potrebbe chiamare in altre parole «genocidio».
L’INAZIONE DELLE FORZE INTERNAZIONALI
I miliziani islamici seleka si stanno ritirando dalle loro posizioni, sconfitti ma soprattutto decisi a fuggire alla giustizia e, protetti anche dall’intelligence del Chad, stanno lasciando le comunità dei villaggi prima sotto la loro protezione alla mercé delle milizie crisitiane. E della loro collera sanguinaria. Il 30 gennaio Peter Bouckaert, direttore delle emergenze per Human Rights Watch, aveva spiegato alla Bbc;che massacri e mutilazioni sono all’ordine del giorno.
Alcuni episodi di orrore erano avvenuti sotto i suoi stessi occhi. «Vicino all’aereoporto della capitale», aveva raccontanto, «una dozzina di uomini ha iniziato a mutilare due corpi, tagliando loro i genitali col machete, mentre tutto attorno una folla di curiosi era impegnata a filmare la scena e a ridere. «L’orgia di sangue», denunciava Bouckaert, «è avvenuta sotto gli occhi dei soldati francesi inviati a Bangui proprio per azioni di peacekeeping». Erano armati «pesantemente, i due corpi erano a cinquanta metri da loro, ma hanno guardato la scena, e sono andati via sulle loro auto»
Centinaia di civili uccisi, 4 milioni e mezzo di sfollati, 250 mila rifugiati
Amnesty ha chiesto alla comunità internazionale di fermare le milizie anti-balaka e dispiegare truppe in numero sufficiente nelle città dove i musulmani vengono minacciati, in particolare nella parte Ovest del Paese. Ban Ki Moon ha evocato anche la possibilità di una divisione de facto del Paese. Ma il ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drian, arrivato a Bangui per mostrare sostegno alla presidente, ha replicato fermo: «Nessuno accetterà alcuna divisione di sorta».
Per mesi i cristiani sono stati oggetto di attacchi sanguinosi, con villaggi dati alle fiamme, bestiame e civili sgozzati nel sonno, stupri e saccheggi. In gennaio il capo della Seleka, Michel Djotodia, era stato costretto a rifugiarsi all’estero dall’intervento delle forze internazionali, ma da allora sono stati i musulmani ad essere oggetto di persecuzioni.
I villaggi cristiani, che avevano cominciato a organizzare milizie di autodifesa, chiamandosi anti-balaka, cioè anti-machete, l’arma ‘preferita’ dai musulmani, hanno iniziato a impugnare loro stessi le lame e a usarle per ammazzare, violentare, depredare. E i ruoli di vittime e carnefice si sono scambiati e rovesciati, in una tragedia senza fine.
PIÙ DI 4 MILIONI DI SFOLLATI
Amnesty ha fornito alcune cifre globali: centinaia di civili uccisi, più di 4 milioni e mezzo di sfollati interni, 250mila costretti a rifugiarsi nei Paesi confinanti, in particolare in Camerun. In un contesto di questo genere, donne, vecchi, bambini sono vittime indifese, facili da colpire o da far morire per mancanza di medicine, di cibo, di acqua.
Il ponte aereo avviato dal Programma alimentare mondiale tra Camerun e Bangui porterà viveri a 150mila ma solo per un mese, una goccia in un mare di disperazione: nel campo profughi intorno all’aeroporto internazionale della capitale sono ammassate più di 100mila persone. E non si coltiva più nulla, i villaggi sono deserti, nei negozietti non c’é nulla da vendere.
Se non riusciamo a fermare il precipizio umanitario, diceva ieri il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, c’è il rischio reale di una divisione in due del Paese. I francesi definiscono l’ipotesi inaccettabile, la presidente della Repubblica Centrafricana pure. E promette «guerra» agli anti-balaka. Ma oltre ai commando assassini, alle porte c’é un’altra paura: tra marzo e aprile la stagione delle piogge potrebbe decimare chi finora é sopravvissuto.
Fonte www.lettera43.it