Le parole della mafia
“I morti si ricordano in silenzio”, dice a un certo punto la donna del mafioso, Ninetta Bagarella, con sprezzante riferimento all’elenco di vittime, i magistrati uccisi dalla mafia. Sì, la parola non piace ai mafiosi: parlare, comunicare, diffondere, dare voce, è uno spazio di libertà che per la mafia è peggio, è più pericolosa di un fucile, di una lupara, di chili di tritolo.
Ha dunque anche il sapore di una bella, intelligente vendetta, quella di Attilio Bolzoni, collega di Repubblica, che per anni ha lavorato nei territori della mafia, e che ricostruendo in un libro, 50 anni di storia della mafia siciliana, ha scelto di farlo con le voci e le parole dei protagonisti stessi della mafia.
Il libro è “Parole d’onore” (Rizzoli) che ora è diventato anche uno spettacolo teatrale, a Roma, al Piccolo Eliseo dal 5 al 19 novembre (dopo un debutto in lingua inglese al Fringe Festival di Edimburgo, e un mese di repliche a Londra), senza scene, solo uno sfondo con animazioni visive (di Manuel Zagni) dalle forme espressioniste, molte ombre e buio (ma la regia di Manuela Ruggiero dovrebbe rivedere un eccesso di buio).
Parla Totò Riina, capo di Cosa Nostra, 17 condanne d’ergastolo, parla Antonino Rotolo, lo zio di Riina, parla la moglie che ha condiviso 25 anni di latitanza, parla Michele Greco, parla Bernardo Provenzano… Come un macabro oratorio, nella sua semplicità drammaturgica che si limita a enucleare le voci e le parole, comprese quelle del “famoso” papello che sugellano lo spettacolo, “Parole d’onore” avviluppa lo spettatore in un cortocircuito di indignazione, rabbia, sgomento, grazie anche alla generosa interpretazione di Marco Gambino, in scena con Patrizia Bollini, al quale tocca, per un’ora e mezza, una difficle prova di disumanità.
Info al Teatro Eliseo
Via | bandettini.blogautore.repubblica.it